Impressioni sparse su
NomadlandNon sono molti i film in cui i protagonisti sono anziani, ancora meno in cui sono anziani poveri che fanno lavori temporanei per vivere. Questo aspetto è interessante anche se lo si mette in relazione con il tipo di storia e con alcuni modelli analoghi e famosissimi: in Kerouac o in Easy Rider i nomadi sono giovani che rifiutano le promesse della società americana dei "Trenta gloriosi": un lavoro, un reddito sicuro, casa, famiglia...Il nomadismo dei beatnik e degli hippie era legato alla contestazione di un certo modello di società egemone. In Nomadland invece vediamo che i tempi sono cambiati: i nomadi sono anziani che hanno perso la casa nella crisi del 2008 o che si sono accorti di avere pochi anni ancora per godere delle gioie della vita o che semplicemente non riescono a vivere in un modo diverso; non contestano la società, vogliono soprattutto essere lasciati in pace e, se possibile, non precipitare nella miseria. Sotto certi aspetti più che
On The Road mi hanno ricordato certe storie sui lavoratori stagionali che a un certo punto venivano organizzati dall'IWW: a natale si lavora per Amazon, in estate in un campeggio, poi nella raccolta delle barbabietole. Questo modo di vedere il nomadismo, oltre le mitologie tradizionali, è la cosa che mi è piaciuta di più.
Nel complesso, invece, mi è sembrato un film un pò furbetto, di quelli in cui ogni componente sembra dosato per piacere al pubblico: bravi attori, bei panorami, una protagonista che piano piano scopre se stessa grazie alla decisione di cambiare vita, un gruppo di outsider che si aiutano nonostante l'individualismo che li ha fatti mettere in viaggio (possibile che nessuno di loro sia un vero stronzo?). Anche a me tutto sommato è piaciuto ma non riesco a togliermi la sensazione di un'opera che si presenta come sincera e spontanea e risulta invece abbastanza artificiosa. Tre ruote di scorta su cinque.
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